George Winston. Kostia. David Lanz. Mikhael. Paul Halley. E via discorrendo.

Questi musicisti, attivi dalla fine degli anni settanta fino a oggi, sono stati tutti caratterizzati da un elemento comune:hanno pubblicato un elevato numero di album tutti dedicati a loro composizioni originali per pianoforte solo. Stiamo parlando di lavori molto vari, con linguaggi che incorporano elementi melodici di stampo quasi classicheggiante e armonizzazioni che strizzano l’occhio al blues, al rock, al jazz. Parliamo di diverse decine di titoli che ebbero sempre larga diffusione in tutto il mondo, Italia compresa, dove si potevano trovare con facilità anche in epoca pre-internettiana (vedere in fondo all’articolo per una minidiscografia consigliata).

Dicevo: questi dischi di pianoforte solo erano facilissimi da reperire, bastava guardare nel reparto “new age” che ogni negozio aveva (erano considerati new age, all’epoca, personaggi come il Paul Winter Consort, la cantante Noa, il Pat Metheny di Secret Story e essenzialmente tutto ciò che prendeva direzioni molto trasversali). Era un riconoscimento verso l’innovatività di questa musica, che di fatto mischiava vari elementi per assurgere a un linguaggio nuovo. Nell’ambito jazz, infatti, il disco per pianoforte solo non era nulla di nuovo, basterebbe citare i tanti lavori di Duke Ellington, Bill Evans, Errol Garner o Art Tatum, fino ad arrivare a Keith Jarrett (che dal vendutissimo disco tratto dal Concerto di Colonia in poi aveva creato addirittura un genere di cui era esponente esclusivo), passando per Chick Corea e John Taylor, per non dimenticare pianisti come Michel Petrucciani, che negli anni 90 si dedicò quasi esclusivamente a dischi e concerti dove il pianoforte era l’unico attore sul palco, oppure Brad Mehldau che a tutt’oggi rappresenta uno dei più significativi esempi di solisti che riescono a mettere insieme tradizione e innovazione.

Da notare che nessuno di questi compositori si è mai sognato di autoproclamarsi, o di essere proclamato, il nuovo Mozart, un musicista che fa musica classica, o che altro (per quanto, in alcuni casi – Ellington e Evans su tutti – si era davanti ad autentici protagonisti della storia della musica, come i decenni successivi hanno confermato).

Perchè?

Perchè tutti questi personaggi sapevano che la musica “colta” pianistica del novecento non c’entrava con loro. Infatti, musica colta voleva dire, per citare solo qualche esempio, una miriade di declinazioni che nel giro di pochi anni avevano prodotto i risultati più sfaccettati e diversi. Prendiamo ad esempio Debussy, Poulenc, le sonate di Prokofiev, il Catalogue d’oiseaux di Messiaen, i preludi e fuga di Shostakovich, i Klavierstücke di Stockhausen, gli studi di Ligeti, le metamorfosi di Philip Glass, l’opus clavicembalisticum di Sorabji (e ci sarebbe da parlare anche delle sonate di Boulez, delle variazioni di Rzewski o, per spostarsi dal pianismo solista, a “six pianos” di Steve Reich – scritto, appunto, per sei pianoforti –  o agli studi per pianola, quindi per pianoforte suonato da un sistema meccanico e non da un essere umano, di Conlon Nancarrow. E volutamente, vsito che ci dedichiamo al pianoforte solo, tralasciamo brani con orchestra, musica da camera e via).

Come potete notare, se volete percorrere un po’ questi link, si tratta di musica per ogni gusto ma che ha un’unica caratteristica in comune: non guarda mai indietro per copiare ma per prendere ispirazione e consegnare qualcosa di più avanzato. Com’è sempre stata l’arte.

Il concetto è che non serve un compositore che scriva nello stile di Mozart, se abbiamo Mozart, per lo stesso motivo per cui non serve un pittore che dipinga in stile Rubens o uno scultore che usi lo stile di Donatello. Ci serve qualcuno che, magari ispirandosi, scriva meglio di Mozart e anche meglio di tutti quelli che sono venuti dopo di lui e che hanno cercato – perchè l’arte funziona così – di surclassarlo, peraltro riuscendoci.

E con questo non voglio discutere sul fatto che vi debba piacere o meno la musica pianistica di Giovanni Allevi, Ezio Bosso o Ludovico Einaudi.

Sto dicendo che non è musica classica. Non è musica contemporanea. Non è musica colta.

Sto dicendo che non si può paragonarla a Chopin, Mozart, Beethoven, chi volete. Quantomeno, non di più di quanto possiate paragonare i due testi che seguono

Esempio I

Ho sentito dire che col tempo tutto passa e se ne va
ma io credo sia solo filosofia
mi hanno detto che un amore nuovo quello vecchio scaccerà
ma non è bastato per mandarti via
Io con te ho capito cos’era sognare
Io con te ho capito cos’era l’amore

Esempio II

Così gl’interi giorni in lungo incerto
sonno gemo! ma poi quando la bruna
notte gli astri nel ciel chiama e la luna,
e il freddo aer di mute ombre è coverto;

Dove selvoso è il piano e più deserto
allor lento io vagando, ad una ad una
palpo le piaghe onde la rea fortuna,
e amore, e il mondo hanno il mio core aperto.

Stanco mi appoggio or al troncon d’un pino,
ed or prostrato ove strepitan l’onde,
con le speranze mie parlo e deliro.

Ma per te le mortali ire e il destino
spesso obliando, a te, donna, io sospiro:
luce degli occhi miei chi mi t’asconde?

Sono testi in rima che parlano di un amore perduto. Se vi chiedessi quale è letteratura e quale no cosa mi rispondereste? (ecco, adesso verificate chi sono gli autori dei due brani. Anzi, ve lo dico io. Il primo è Gigi D’Alessio, il secondo è Ugo Foscolo).

Capiamoci, infine. Non vi sto dicendo che il brano sia “bello o non bello” (mica lo stabilisco io. Io al massimo posso soggettivamente dire se mi piace o meno, il che vale solo per me).

Sto dicendo che chi vi ha detto che questa era musica di buon livello (e che voi percepite come un qualcosa di culturalmente elevato) vi ha fregato. Questa non solo non è musica ben fatta, ma è non è neanche un fenomeno originale. Siete pertanto stati vittima di una meravigliosa campagna di marketing non etico, di cui parliamo in questo articolo

A proposito della mancata originalità, vi consiglio di ascoltare questi album. Li trovate anche facilmente su Spotify, iTunes o dove volete voi. Se li trovate così diversi dai vari pianisti di cui si è parlato sopra, mi piacerebbe che mi spiegaste perché.

Kostia “Suite St. Petersburg”, Narada (1996)
George Winston “Autumn”, Winham Hill (1980)
George Winston “Summer”, Windham Hill (1991)
George Winston “Forest”, Windham Hill (1994)
Paul Halley “Pianosong”, Living Music, (1990)
Mikhael “The blue flame”, Edelweiss/Nimbus (1989)
David Lanz “Cristofori’s dream”, Narada (1988)

P.S. Un grazie enorme all’amico Giovanni Paolo Gilioli per la consultazione sulla lista delle composizioni più indicative del novecento.

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