Domenica scorsa ho nuovamente sentito un sacerdote dire “Ringrazio il coro XXXXXX che ha animato questa celebrazione, ma vi ricordo che il coro deve solo sostenere il canto dei fedeli perchè la Messa non è uno spettacolo“: una frase che mostra un buco culturale profondo come la fossa delle Marianne.
Partiamo dal presupposto che gli orpelli sono tutti inessenziali, e che la liturgia è significativa indipendentemente dall’essere celebrata con calici d’oro in una supercattedrale o con bicchieri di plastica in una capanna di uno slum.
Ogni volta che qualcuno auspica che un coro intoni un brano di repertorio in polifonia, che una voce guida canti appoggiando o che un lettore declami con gli accenti giusti io sento rispondere sempre la stessa cosa, e cioè che “si vuol fare spettacolo“.
Tuttavia, la cosa scandalosa non è voler proporre Bach o Mendelssohn invece del repertorio nazionale: è presumere che un’assemblea si distragga davanti a un buon coro e sia invece pervasa da fervente sentimento religioso quando deve rincorrere una beghina che distribuisce copiosamente quarti di tono.
Approfondiamo l’argomento. Il modo più facile per distrarre, inteso come “catalizzare l’attenzione su altro“, è mostrare l’“inaudito“, ossia ciò che lo spettatore non ha mai sentito: in una parrocchia in cui di solito si canta male ci sarà stupore tra gli habituèes se, una tantum, arrivano un bravo organista o un coro intonato.
Tuttavia, perché durante la Messa la gente non si distrae guardando il calice o un affresco?
Perché lo vede tutte le settimane. Magari la prima volta che vai a Messa a San Pietro o in Duomo a Milano rischi di distrarti, con tutte quelle belle cose che ci sono, tuttavia, visto che non sei scemo e sai sei lì per un altro scopo, cercherai di mettere l’attenzione al posto giusto. Dalla seconda volta ti succederà sempre meno.
In parole semplici: è normale stupirsi la prima volta in cui si sente un attore che declama o un musicista che suona. Poi lo stupore passa (o perchè ci si informa o perchè ci si abitua), e si può dare il peso desiderato alla fruizione del contenuto (il testo recitato, il brano eseguito). La distrazione è basata sul colpo di scena che, per sua stessa natura, non è ripetibile: dalla seconda volta, l’inatteso diventa atteso e ci si concentra su altro.
Riassunto: se sei a Messa e, durante Nulla in mundo pax sincera o la Missa Papae Marcelli, tu ti metti a pensare a quanto son bravi i cantanti (non collocando quindi più la musica al suo posto nella cornice più ampia della liturgia) hai smesso di guardare la luna per osservare il dito, problema che non riguarda ne il dito, ne la luna: una cosa del genere dovrebbe succedere solo per gli estremi, quando capitano cose oltre l’eccellenza oppure sotto la decenza. Nei secoli passati, ricordiamo musicisti licenziati perché facevano scappare la gente, ma le cronache non riportano che alla Thomaskirche di Lipsia nel settecento o a Santa Maria di Campagna, a Piacenza, nell’ottocento ci sia stato qualche calo di devozione, per quanto si parli di chiese frequentate da persone semplici e illetterate.
Vorrei che fosse fuori di metafora: dire che “la musica fatta bene distrae” è come dire che una ragazza ben vestita “se la va a cercare” nei contesti che potete immaginare: il problema non è in come la ragazza si veste, è nella (mancanza di) cultura di chi giudica e di chi guarda.
Per evitare che la musica “distragga” il popolo dobbiamo dare loro musica sempre migliore, non sempre peggiore: abituarsi alle cose belle è facile, e appena subentra l’abitudine è fatta: in altri termini, se si vuole che “la musica non faccia spettacolo” è sufficiente educare alla musica. Distribuire letame rimanda solo il problema alla prossima volta.
PS: La musica rende l’ambiente confortevole, è come un bel velluto sulla poltroncina di un teatro: se mentre sei a teatro ti distrai pensando al tessuto sulla poltroncina, forse lo spettacolo non è un granchè. Volendola dire con maggiore cattiveria, se io mi distraggo ad ascoltare il coro perchè l’alternativa è una liturgia celebrata da qualcuno che non sa leggere il Messale con le virgole giuste e mi spaccia per omelia dieci minuti di ragionamenti sconclusionati, forse non è il caso di dare la colpa al coro.
PPS: Nella prossima puntata, parleremo di “l’assemblea deve cantare”
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