Cosa sia l’etica dovrebbe essere chiaro a tutti. Tuttavia, su come l’etica si applichi al mondo della cultura si potrebbe discutere in modo piuttosto interessante.
Come avevamo detto in altre occasioni, nel momento in cui si deve promuovere qualcosa che implichi l’acquisto a scatola chiusa ci sono due modi di procedere
a. si fa leva sugli effettivi contenuti e li si presenta in maniera accattivante, cercando di far passare tutti i dati necessari che possano far scattare il meccanismo che porti il potenziale cliente a diventare reale acquirente.
b. Si apportano alcuni ritocchi cosmetici cercando di rendere il contenuto più appetibile.
Il secondo approccio è ovviamente molto più pericoloso perché la tentazione di inserire elementi che sono attraenti ma non corrispondono alla verità è, ovviamente, molto grande.
Possiamo fare diversi esempi di questo genere di cose: inserire tutti i contenuti “forti” nella pubblicità, lasciando intendere che ci sia molto di più, quando questo non succede (un classico nei trailer dei film); presentare un contenuto facendo particolare leva su alcuni elementi di spicco (esempio, alcune mostre viste di recente dedicate al mondo circostante un determinato artista, presentate come mostre sull’artista).
Ma purtroppo in taluni casi si arriva a presentare i contenuti in modo smaccatamente taroccato, ma interessante per il pubblico. Una nota casa discografica multinazionale pubblicò, non molti anni fa, due CD di “opere inedite” di un compositore barocco celeberrimo. Entrambi i CD di fatto non mentivano completamente, perchè nelle note interne al libretto specificavano che in realtà l’attribuzione non era certa (in entrambi i casi si trattava di opere già attribute ad altri compositori da decenni): tuttavia questo avveniva non certo sulla copertina o sui materiali pubblicitari, ma all’interno della confezione del CD: l’acquirente scopriva la verità solamente dopo aver fatto l’acquisto.
Una specializzazione di questo tipo di marketing, che viene definito non etico (proprio perchè abusa della credulità del pubblico, non diversamente dai santoni che vendono i numeri del lotto o i filtri d’amore sulle TV commerciali) si trova quando viene passata un’informazione palesemente errata ma che il potenziale cliente non ha modo di verificare.
Su questo è necessario fare una digressione: quando ho a che fare con qualcuno che ne sa più di me, a un certo punto, mi devo fidare di quanto mi dice. Ovverosia, fino a un certo punto sono in grado di capire se chi ho di fronte mi mente o meno; da un certo punto in poi non posso più verificare l’informazione e mi devo fidare. Se chi ho di fronte abusa della mia fiducia, mi può fregare facilmente.
Più scende il livello culturale, meno sono le informazioni che la vittima può verificare, più facilmente si realizza la fregatura.
Per chiudere il cerchio, si mette la ciliegina sulla torta: si fa leva su un bisogno o su di un valore. (Ti senti povero? Compra i miei numeri magici del lotto! Ti senti solo? Iscriviti al mio network per trovare un partner. Eccetera).
Un caso celeberrimo, recente, è stato legato alla famosa catena di gelaterie GROM, presentata come un prodotto artigianale, mentre si trattava di un alimento preparato in uno specifico stabilimento e da lì distribuito in tutta Italia: un concetto diverso dalla romantica idea del mastro gelatiere che tutte le mattine va al mercato all’alba per trovare la frutta migliore. Tuttavia, la legislazione italiana non ha una normativa che descriva cosa sia un gelato artigianale e cosa no, quindi il tutto si basa solo sul senso comune. Per intenderci, Algida potrebbe tranquillamente scrivere di essere artigianale, ma ovviamente nessuno ci crederebbe. Se invece, come in questo caso, si tratta di dover costruire una strategia di comunicazione da zero, ovviamente si può giocare sulle mezze verità e soprattutto sul non dire nulla che sia legalmente perseguibile (ma anche in questo caso, cioè quando si finisce nella “pubblicità ingannevole”, c’è chi valuta la multa rischiata contro i possibili introiti e, spesso, decide di pagare la multa e le recidive perchè riesce in quel caso a guadagnarci comunque di più.)
Nell’ambito della cultura è diventato di moda, di questi tempi, usare i ricordi ancestrali. Un giovane mediamente sa che la musica classica o il teatro sono roba che “dà un tono”: non sa nulla di musica classica o di teatro perchè nessuno gli ha mai mostrato, che so, Cesare Siepi o Rossella Falck. A questo punto diventa facilissimo vendere loro i dischi del Volo o di Albano che massacrano le opere o gli spettacoli in cui la divetta televisiva di turno cerca di cimentarsi con il suo punto di vista su Pirandello, Ionesco, Shakespeare.
Il marketing culturale non etico, inoltre, non usa solo l’ignoranza, ma anche le aspettative, il che permette di inglobare una fascia ancora più larga. Esempi recenti? Un concerto con una voce recitante presentato come “sinestetico tra musica e teatro”; uno concerto che si avvale di scenografie video che diventa “uno show multimediale” (fossimo stati negli anni settanta, forse). Quando lo spettatore ha comprato il biglietto, la frittata è fatta, e quindi quello che si consegna poi non è più importante: diventa la scatola della telecamera con dentro il mattone.
Purtroppo, questo genere di attività è immorale ma non illegale perchè non è tecnicamente “pubblicità ingannevole”: il bilancio quindi non va fatto sul danno economico (l’utente chiede al garante una sanzione perchè il venditore promette che con le sue pillole si dimagrisce anche se ci si scofana mezzo chilo di carbonara al giorno, ma il venditore può considerare la multa come una semplice perdita di denaro recuperabile con le vendite ad ulteriori polli) ma su un danno reputazionale, che implica che l’utente se ne accorga.
Il che implica una conoscenze da parte dell’utente, ovverosia una cultura. E siamo tornati a capo. Meno cultura elargita alle persone, più consumatori inconsapevoli, più robaccia si può vendere, il che ci riporta alle parole che forse qualcuno di voi ricorderà
O voi, matrone rigide,
ringiovanir bramate?
Le vostre rughe incomode
con esso cancellate.
Volete voi, donzelle,
ben liscia aver la pelle?
Voi, giovani galanti,
per sempre avere amanti?
Comprate il mio specifico,
per poco io ve lo do.
Ei move i paralitici,
spedisce gli apopletici,
gli asmatici, gli asfitici,
gl’isterici, i diabetici,
guarisce timpanitidi,
e scrofole e rachitidi,
e fino il mal di fegato,
che in moda diventò.
Comprate il mio specifico,
per poco io ve lo do.
L’ho portato per la posta
da lontano mille miglia
mi direte: quanto costa?
quanto vale la bottiglia?
Cento scudi?… Trenta?… Venti?
No… nessuno si sgomenti.
Per provarvi il mio contento
di sì amico accoglimento,
io vi voglio, o buona gente,
uno scudo regalar.